F.
Perdere le cose







scritto da Kepler-452 (Paola Aiello, Enrico Baraldi, Nicola Borghesi)
regia Nicola Borghesi
dramaturg Enrico Baraldi
in scena Tamara Balducci, Nicola Borghesi e, da qualche parte, F.
luci Vincent Longuemare
spazio Vincent Longuemare e Letizia Calori
costumi Letizia Calori
video Chiara Caliò
musiche Bebo Guidetti
suono Alberto Irrera
assistente alla regia Michela Buscema







F. è una storia che nasce da un incontro avvenuto ai margini del tessuto urbano, là dove tende a sfrangiarsi, a farsi rarefatto e oscuro, in un dormitorio per senzatetto con problemi sanitari. Un incontro, quello con F., affascinante, perturbante, difficilmente raccontabile. “F. non può entrare in scena con noi, ma è il protagonista dello spettacolo, il centro del dramma. F. lo abbiamo conosciuto un giorno che ci ha avvicinato e ci ha detto: io sono io.
Da quel giorno abbiamo cominciato a provare insieme uno spettacolo che parlasse di lui, della sua storia, di chi è, del perché lui è lui. Insieme abbiamo ricordato, siamo incappati in buchi neri, pezzi rimossi, strappati, aperture vertiginose sull’abisso. Da quel giorno i confini dello spazio teatrale non sono stati più gli stessi.
Ci sono delle leggi per le quali F. è tenuto lontano dal palcoscenico e noi non possiamo farci niente. Tutto ciò che possiamo fare è trascorrere del tempo con lui, ascoltare, costruire, lasciarci andare all’incontro e tentare poi di raccontare che cosa significhi per noi la sua assenza. Proprio perché non è da nessuna parte F. è ovunque. Siamo quindi di fronte ad un’assenza enormemente ingombrante, che non potevamo non portare in scena.
Abbiamo quindi cominciato a domandarci: come si porta in scena un assente? Perché F. ci è tenuto lontano? Cosa dobbiamo temere da lui? È pericoloso? Come può entrare in scena senza salire sul palco? Che cosa, di lui, ci riguarda?
F. è uno spettacolo che parla della ostinata volontà di incontrare qualcuno che è difficilissimo incontrare, di un enorme smarrimento, del confine tra palco e platea, tra ciò che è legale e ciò che non lo è.
F. è, dopo “Il giardino dei ciliegi – Trent’anni di felicità in comodato d’uso”, una seconda foto sfocata scattata lungo la Via Emilia.
F. è la domanda difficilissima: cosa è giusto fare in questo momento?
F. è soprattutto F.







Consegne. Una performance da coprifuoco







a cura di Kepler-452
un progetto di Enrico Baraldi, Nicola Borghesi, Riccardo Tabilio
con Nicola Borghesi
coordinamento Michela Buscema
foto Davide Spina
grafiche e audio Riccardo Tabilio



Un corriere si sposta nella città, per effettuare la sua consegna.
Porta un pacco da un punto A, a un punto B, dal punto di partenza all’indirizzo di consegna. Sulle spalle ha un cubo colorato, degli stessi colori della sua uniforme, la sua livrea di corriere corridore adatta al vento e alla pioggia, adatta ad attraversare il coprifuoco. Che cosa consegna? Un prodotto, e un percorso-performance site specific sulla piattaforma Zoom per uno spettatore – o per più spettatori che abitano allo stesso indirizzo – nella città di Bologna. Consegne è uno spettacolo nato dallo sconforto di questa nuova chiusura dei teatri; pensato per la notte più desolata mai conosciuta da molti anni: quella del cosiddetto «coprifuoco». Abbiamo pensato a quali attività possono continuare a esistere in questo contesto fosco, doloroso, angosciante e la figura che si è immediatamente formata nella nostra immaginazione è quella del corriere, del rider. Quelli che non hanno smesso mai di lavorare, nemmeno nella fase più dura del lockdown. Abbiamo dunque pensato di far travestire un attore da rider, o meglio, di farlo diventare a tutti gli effetti un rider. E di effettuare delle consegne. Quella tra rider e destinatario è la relazione più impersonale e distaccata che si possa immaginare, e questo è il motivo per cui può resistere ad ogni chiusura. Abbiamo pensato di impiegarla e di forzarla dall’interno, per costruire un rapporto di intimità, esclusività, confidenza. Per tutta la durata del viaggio attraverso la città deserta, il corriere sarà collegato col destinatario della sua consegna, offrendo una prospettiva sul vuoto urbano altrimenti impossibile. Fino all’inevitabile suono del campanello. In un momento in cui imperversa la riflessione su quali attività siano essenziali e quali non lo siano, abbiamo desiderato domandarci che cosa sia essenziale per noi e cosa possa esserlo per gli spettatori, attraverso una domanda molto concreta: che cosa ti piacerebbe ricevere a casa tua, in questo momento? E poi, ancora, altre domande, da rivolgerci a vicenda nella notte deserta del coprifuoco: che effetto ti fa sentire il campanello che suona? Cosa ti aspetti? La meraviglia, una scocciatura, una visita inattesa, un regalo, la Gestapo, la pizza? Prima eri meno solo di così? Perché la gente usciva, la sera? Perché questo secondo lockdown è così più terribile e disperato del primo? Che fine hanno fatto gli striscioni che dicevano «andrà tutto bene»? Che cosa ci resta da fare, adesso? Consegne è un’azione artistica corsara, assurda, economicamente insostenibile. Consegne è un incontro improbabile in un momento impensabile tra un attore travestito da rider e uno spettatore travestito da destinatario che tentano ostinatamente di capirsi in una città deserta e buia.








RASSEGNA STAMPA








Coprifuoco.
Spedizioni notturne per città deserte






uno spettacolo di Kepler-452
una produzione di Stagione Agorà

drammaturgia di Enrico Baraldi, Nicola Borghesi, Riccardo Tabilio
con Nicola Borghesi
e gli artisti ospiti: Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Francesca Pennini, Lodo Guenzi, Marco D’Agostin
audio Riccardo Tabilio
coordinamento Michela Buscema

foto Michele Lapini
a cura di Agorà / Liberty / Kepler-452
sostenuto da Unione Reno Galliera
con il contributo della Regione Emilia-Romagna
con la collaborazione di Arci Bologna




Coprifuoco // Spedizioni notturne per città deserte si propone come un’azione performativa urbana originale aperta a più spettatori, che sfrutta lo strumento della trasmissione digitale in remoto in modo creativo e sorprendente, e non come ripiego della fruizione in presenza. Rappresenta il secondo capitolo di una collaborazione tra due realtà – Agorà e Kepler-452 – in ascolto del territorio e delle comunità e, come la precedente produzione – Lapsus urbano // Il primo giorno possibile – ha un’attenzione specifica nei confronti della pandemia e dei suoi effetti sociali, economici, culturali.
Nicola Borghesi – Kepler-452 veste i panni dell’attore-rider per incontrare alcuni ospiti speciali – uno per ogni serata – e creare insieme la drammaturgia di un viaggio notturno per città deserte e desolate, alla scoperta di luoghi e itinerari insoliti, con l’obiettivo di recapitare un dono prezioso e simbolico ad un destinatario scelto dall’ospite.
“Nel corso dell’attuale pandemia, gli italiani sono stati protagonisti di una vasta migrazione di massa: una migrazione mai vista, tanto enorme quanto silenziosa. Dagli spazi delle proprie città – spazi di aggregazione, di attività e di inattività, spazi di conflitto  – le misure prese per arginare le «ondate» del virus ci hanno richiesto di rinchiuderci nelle nostre case. Lo spazio pubblico, il fuori, è rimasto come spazio per il lavoro, in parte per la scuola, massimamente per il commercio: spazio per scambi e transazioni. La notte in particolare, privata delle piazze, di cinema e teatri, è diventata un territorio semideserto, i cui abitanti sono in costante movimento: i rider, sulle loro biciclette e nelle loro giacche a vento sgargianti se ne sono appropriati.
In Coprifuoco // Spedizioni notturne per città deserte, abbiamo deciso di entrare nella notte del coprifuoco, di attraversarla mimetizzandoci da corrieri, nel tentativo di creare un ponte tra il presente domestico degli spettatori e la città che hanno dovuto evacuare. ll viaggiatore del coprifuoco – mimetizzato tra gli altri rider – è connesso agli spettatori della performance: ne è in qualche modo lo sguardo, è la loro finestra sulla città e sulla notte.  A guidarci in queste spedizioni un artista abitante della città che attraversiamo. Insieme – il nostro viaggiatore e l’artista ospite – racconteranno alcuni luoghi che sono stati spenti, desertificati, abbandonati; di altri immagineranno il futuro possibile. Sullo sfondo, una domanda che non smette di inquietarci: ci incontreremo? Siamo ancora capaci di farlo? Lo siamo mai stati?”

Coprifuoco nasce dalla solida collaborazione tra Kepler-452 e Agorà, in Lapsus Urbano // Il primo giorno possibile, spettacolo di Kepler – 452 prodotto da Agorà e che ha debuttato in Piazza della Pace a Castel Maggiore e in Piazza Maggiore a Bologna il 15 giugno 2020 data scelta volutamente come ‘primo giorno possibile’ della riapertura dei teatri dopo il lockdown – e poi distribuito in tutta Italia.
La genesi di Coprifuoco è legata allo sviluppo del più recente lavoro di Kepler-452, Consegne, nel quale un attore-rider attraversa una città in bicicletta per effettuare una consegna, di volta in volta, ad un unico spettatore. Instant show scritto in poche settimane – all’alba della seconda ondata di chiusure – Consegne ha debuttato a Bologna il 19 novembre 2020 come operazione artistica «corsara». Su questo terreno matura Coprifuoco, grazie al dialogo tra la compagnia e Elena Di Gioia nel desiderio di espandere collettivamente e artisticamente questa esperienza: coinvolgendo un artista ospite e moltiplicando pubblico, destinatari e città, permettendo agli spettatori di partecipare.
L’attore rider di Coprifuoco attraverserà le città in cui gli artisti ospiti risiedono: Imola con Randisi e Vetrano, Bologna con Lodo Guenzi e Marco D’Agostin, Ferrara con Francesca Pennini, alla scoperta di una mappa condivisa di dialoghi e luoghi.




E' assurdo pensare che gli aerei volino









Uno spettacolo di Kepler-452
concept e drammaturgia Kepler-452
regia Enrico Baraldi, Nicola Borghesi
in scena Paola Aiello, Nicola Borghesi
suoni Bebo Guidetti
organizzazione Michela Buscema






Il 27 giugno del 1980 un aereo decolla da Bologna per non atterrare più. Gli ottantuno passeggeri, insieme ai propri effetti personali, alla propria identità e memoria, resteranno, come dice uno de parenti delle vittime, “sospesi in volo”. Pochi mesi dopo l’incidente la compagnia Itavia cesserà per sempre le sue attività.Noi non sappiamo nulla di questi ottantuno scomparsi negli anni ottanta, non li abbiamo conosciuti, né lo potremo fare mai. Restano però di loro alcune cose: il meticoloso catalogo degli oggetti rinvenuti nel relitto del volo Itavia, i loro parenti, ciò che hanno lasciato dietro di sé. La sagoma del DC-9 Itavia conservata nel Museo per la Memoria di Ustica è composta da brandell giustapposti, singoli pezzi intervallati da spazi vuoti che restituiscono un’immagine frammentaria ma potente.







Il giardino dei ciliegi.
Trent’anni di felicità in comodato d’uso







Ideazione e drammaturgia Kepler-452 regia Nicola Borghesi con Annalisa e Giuliano Bianchi, Paola Aiello, Nicola Borghesi, Lodovico Guenzi
regista assistente Enrico Baraldi
assistente alla regia Michela Buscema
luci Vincent Longuemare
suoni Alberto "Bebo" Guidetti
scene e costumi Letizia Calori
video Chiara Caliò

produzione ERT Emilia Romagna Teatro

Si ringraziano per l’ospitalità e la disponibilità ATER Circuito Multidisciplinare, Teatro Comunale Laura Betti e Teatro dell’Argine

foto di Luca Del Pia

Il testo dello spettacolo è pubblicato nella collana Linea di ERT Fondazione e Luca Sossella Editore.

Per entrare nel mondo de Il giardino dei ciliegi scaricate il  QUADERNO DI SALA on-line… con curiosità, approfondimenti, note di regia e immagini!

Durata: 1 ora e 40 minuti










Premio Rete Critica 2018, Il giardino dei ciliegi ha debuttato al Teatro Arena del Sole a Bologna nello stesso anno. Lo spettacolo nasce dall’incontro tra i componenti di Kepler-452 (Nicola Borghesi, Paola Aiello ed Enrico Baraldi) con due personaggi “immaginari” realmente esistenti, Giuliano e Annalisa Bianchi, ossia Ljuba e Gaev. Nel dramma Anton Čhecov immagina che in un anno non definito di fine Ottocento il giardino dei ciliegi di Ljuba e Gaev, proprietari terrieri nella Russia prerivoluzionaria, vada all’asta per debiti insieme alla loro casa. Ad acquistarlo è Lopachin, ex-servo della gleba arricchitosi dopo la fine della schiavitù, rampante rappresentante della borghesia in ascesa. Il centro del dramma è la scomparsa di un luogo magico, profondamente impregnato delle vite di chi lo abita, che in questa rilettura dell’opera di Čechov diventa il luogo della coppia.

Nicola, Paola ed Enrico hanno cominciato così, come sono soliti fare, a sbirciare nelle pieghe della loro città, Bologna, alla ricerca del loro Giardino dei ciliegi.

«Tra i moltissimi incontri che abbiamo fatto nel corso della nostra indagine – racconta la compagnia − ce ne è stato uno che ha cambiato definitivamente il corso delle prove e, inaspettatamente, delle nostre vite: quello con Giuliano e Annalisa Bianchi, che per trent’anni hanno vissuto in una casa colonica concessa in comodato d’uso gratuito dal Comune nella periferia di Bologna. Giuliano e Annalisa Bianchi per trent’anni si sono occupati di due attività principali: il controllo della popolazione dei piccioni e l’accoglienza di animali esotici o pericolosi. Si attiva così un ménage strano, marginale, meraviglioso: convivono in casa Bianchi babbuini, carcerati ex 41-bis in borsa lavoro, una famiglia rom ospite, boa constrictor. Trent’anni, come ci dicono Giuliano e Annalisa, di pura felicità».

Finché nel 2015 si avvicina il momento dell’apertura, proprio di fronte al loro giardino dei ciliegi, di un grande parco a tema agroalimentare e i Bianchi ricevono un avviso di sfratto. La magia del luogo – gli animali, le relazioni, gli affetti – cessa improvvisamente di esistere in una mattina di settembre. Una storia così lontana nel tempo e nello spazio da quella di Gaev e Ljuba eppure così simile nella sua essenza.

Nicola, Paola ed Enrico hanno trascorso molto tempo con i Bianchi, cercando di capire che cosa fosse successo e quale sia la loro posizione rispetto alla vicenda che li ha travolti e provando a innamorarsi senza perdere la lucidità. Dopo un lungo corteggiamento sono riusciti a convincerli ad andare in scena, a vestire i panni di Ljuba e Gaev e a raccontare, insieme agli attori, la storia dello sgombero e del loro incontro.

Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso vuole essere un’indagine su dove oggi si sia posata la dialettica tra illuminismo e magia, tra legge e natura, e su dove ci troviamo noi. Forse, più semplicemente, è la storia di un incontro,